Svolgimento del processo.
L'Esattoria delle II.DD. di …, premesso che la societa' di fatto tra … e
……, ammessa a concordato preventivo con cessione dei beni, omologate dal
locale Tribunale il 30 dicembre 1978, era debitrice di cospicue somme per
ILOR e IRPEF relative agli esercizi dal 1974 al 1977, ma iscritte nei ruoli
di giugno e settembre 1979, convenne innanzi al medesimo Tribunale la
Societa' debitrice, in persona dei due soci, il commissario liquidatore del
concordato e i creditori intervenuti nella procedura, al fine di far
dichiarare che i crediti tributari suddetti, essendo anteriori al
concordato, dovevano essere collocati e soddisfatti nel procedimento
concorsuale.
Nel giudizio intervenne, a fianco dell'Esattoria, l'Amministrazione delle
finanze.
Il Tribunale accolse la domanda sostanzialmente nella considerazione che
l'accertamento tributario ha natura dichiarativa.
La Corte d'appello di …, con la sentenza ora denunziata del 28 febbraio
1984, e' andata in contrario avviso, accogliendo l'appello della Cassa di
Risp. di … creditrice intervenuta nel concordato.
Dopo avere osservato che il Tribunale aveva correttamente legato la
soluzione del problema alla natura giuridica dell'accertamento tributario, a
seconda, cioe', che gli si riconosca efficacia dichiarativa o costitutiva,
la Corte ha aderito a quest'ultima opinione in base al rilievo che al
verificarsi del fatto imponibile non sorge in modo immediato e diretto il
debito d'imposta, ma si realizza una situazione giuridica complessa
nell'ambito della quale viene determinata l'obbligazione tributaria
attraverso un procedimento che implica qualificazioni giuridiche demandate
esclusivamente all'Amministrazione. Il presupposto del tributo, pur
esistendo nella realta' economica, acquista rilievo giuridico con la
mediazione dell'attivita' dell'ente impositore che accerta gli elementi
della fattispecie d'imposta e pertanto prima di tale accertamento l'obbligo
di una determinata prestazione tributaria non sussiste, ma si presenta come
mera eventualita'.
In base a questi rilievi la sentenza si e' richiamata all'orientamento
espresso nello specifico problema da questa Corte in diverse pronunzie,
osservando - in conformita' ad una di esse - che l'art. 184 legge fall.
risulta inapplicabile ai crediti tributari non accertati o non iscritti a
ruolo perche' prima di questo momento il concreto esercizio della potesta'
tributaria e' meramente eventuale, nel senso che non e' neppure certo se
l'ente impositore si determinera' al riconoscimento della rilevanza
giuridica dei presupposti imponibili e procedera' in concreto a manifestare
la sua volonta' di imposizione; e l'insindacabilita' di tale
autodeterminazione costituisce un ulteriore motivo per negare l'attualita'
del credito.
Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi l'Esattoria delle II.DD.
di … e l'Amministrazione finanziaria in base ad unico motivo.
Ad entrambi resiste la Cassa di Ris. di … con controricorso, con il quale
ha proposto gravame incidentale condizionato, basato del pari su unico
motivo.
Sono state presentate memorie.
Motivi della decisione.
- I ricorsi debbono essere riuniti, in quanto proposti contro la stessa
sentenza (art. 335 del c.p.c.).
- Con l'unico motivo dei ricorsi principali, denunziando la violazione
dell'art. 184 legge fallimentare, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, in relazione
ai principi in tema di accertamento e riscossione delle imposte,
l'Amministrazione finanziaria e l'Esattoria comunale di … criticano la
sentenza impugnata per avere negato che il concordato omologato sia
obbligatorio per i crediti d'imposta iscritti a ruolo dopo la sentenza di
omologazione, ancorche' afferenti ad annualita' d'imposta anteriori
all'apertura della procedura concorsuale, in tale modo escludendo che essi
possano essere soddisfatti nel corso della medesima e, dunque, in caso di
concordato con cessione dei beni, sul ricavato degli stessi. Sostengono che
questa conclusione - prima facie inaccettabile, in quanto priva di qualsiasi
garanzia patrimoniale crediti relativi a redditi prodotti nell'esercizio
dell'attivita' d'impresa anteriormente alla cessione - non ha fondamento
normativo, giacche', da un lato, l'art. 184, legge fallimentare si riferisce
a tutti i crediti anteriori al decreto di apertura della procedura di
concordato, senza richiedere che essi siano certi, liquidi ed esigibili,
dall'altro, l'obbligazione tributaria sorge ex lege quando si verifica il
presupposto materiale specifico del tributo, in presenza del quale il
contribuente deve provvedere addirittura al pagamento dell'imposta o, quanto
meno, e' tenuto ad una serie di obblighi che postulano l'esistenza del
rapporto di imposta, sicche' il successivo accertamento dell'Ufficio ha
funzione soltanto dichiarativa.
La censura e' fondata.
La sentenza impugnata si giova dell'avallo di alcune non recenti pronunzie
di questa Corte, le quali, con riferimento alla passata normativa fiscale,
hanno appunto negato che i crediti tributari relativi a periodi di imposta
precedenti all'inizio della procedura possano considerarsi "anteriori al
concordato", agli effetti dell'art. 184 legge fallimentare, se alla data
suddetta non siano stati ancora accertati e iscritti nei ruoli (n. 849 del
1973; n. 2535 del 1971; n. 2317 del 1966; n. 2293 del 1963).
Ma questo orientamento, sicuramente non piu' sostenibile in base alla
disciplina delle imposte personali introdotta con la riforma, deve essere
rimediato anche con riguardo al sistema tributario abrogato.
La tesi della non obbligatorieta' del concordato si trova argomentata, in
dette pronunzie, in due modi parzialmente diversi: talvolta, in consonanza
con il risalente filone dottrinale che individua nell'accertamento e nel
ruolo gli atti costitutivi dell'obbligazione tributaria, si afferma che un
vero rapporto obbligatorio tra il contribuente e l'Amministrazione si
instaura solo quando questa attribuisce rilievo giuridico ai presupposti
materiali del tributo attraverso gli atti suddetti, che sono espressione di
un "momento di autodeterminismo" dell'Amministrazione, non suscettibile di
sindacato e tale da rendere incerto, finche' essi non siano emessi, la
costituzione del vincolo, altre volte, invece, senza prendere posizione sul
problema, ritenuto non rilevante, della natura costitutiva o dichiarativa
dell'accertamento e del ruolo, si osserva che prima di questi atti ne'
l'Amministrazione puo' esigere il tributo ne' il contribuente puo' adempiere
e percio' non si configura un credito anteriore al concordato, quali devono
considerarsi solo quelli suscettibili di essere fatti valere al tempo del
decreto di cui all'art. 184 legge fallimentare o resi tali per effetto
stesso della presentazione del ricorso (v. sent. n.2293 del 1963).
Sennonche' a questa seconda linea argomentativa, che fa perno, quindi, sulla
non esigibilita' dei crediti suddetti, e' agevole opporre che la qualifica
di credito anteriore al concordato e' correlata all'anteriorita' del "titolo
o causa" dell'obbligazione (artt. 168, comma 1, e 184 legge fallimentare),
non alla sua esigibilita', tanto che si ritengono pacificamente soggetti
alla falcidia concordataria i crediti condizionali, quelli non ancora
scaduti e quelli relativi ad obbligazioni sorte per un fatto anteriore non
ancora accertato, che del pari sono inesigibili; e percio' questo elemento
non puo' essere utilizzato per discriminare i crediti tributari ove li si
ritenga sorti prima del concordato, con il verificarsi del presupposto
materiale del tributo, per modo che, allo scopo di stabilirne il carattere
concordatario, non si puo' prescindere dall'individuazione del momento
genetico del debito di imposta, nella stessa ottica della motivazione delle
sentenze del primo tipo.
La conclusione cui esse sono pervenute contrasta, pero', con un antico e
consolidato indirizzo di questa Corte, che, fuori dallo specifico tema del
concordato preventivo, ha costantemente affermato la natura dichiarativa
dell'accertamento, ricollegando la nascita dell'obbligazione tributaria al
verificarsi del presupposto di fatto del tributo, che realizza la singola
fattispecie d'imposta il quale principio e' stato applicato anche nelle
altre procedure concorsuali, per cui non si e' mai dubitato, ad es., che
debbano essere ammessi al passivo del fallimento, come debiti del fallito, i
tributi relativi a periodi di imposta precedenti alla sentenza dichiarativa
di fallimento, ma accertati o iscritti a ruolo successivamente.
- Non e' possibile accennare alle molteplici ragioni che suffragano questo
indirizzo sul piano dei principi generali dell'ordinamento tributario; ed e'
appena il caso di avvertire che l'argomento valorizzato dalle sentenze da
cui si dissente - cioe' che prima dell'accertamento vi e' solo la "mera
eventualita'" che l'Amministrazione affermi la sua "volonta' di imposizione"
- non tien conto, da un lato, che i presupposti soggetti ed oggettivi e il
contenuto del debito d'imposta sono direttamente regolati dalla legge e,
dall'altro, che l'attivita' amministrativa volta ad individuare e a
determinare la materia imponibile e' rigidamente vincolata, sicche' non solo
e' indefettibilmente dovuta (stante l'indisponibilita' del credito
tributario), ma da essa esula qualsiasi potere autoritativo discrezionale
(ed e' percio' sicuramente errato assimilare l'accertamento ad un atto
negoziale, avente per sua natura efficacia costitutiva).
Per ribadire l'esattezza dell'indirizzo e' sufficiente, invece, far
riferimento ad alcuni dei molteplici dati normativi che, per il nuovo come
per l'abrogato sistema dell'imposizione diretta, dimostrano l'inconsistenza
della tesi che individua la fonte dell'obbligazione tributaria
nell'accertamento o nell'iscrizione a ruolo, accomunati nella categoria
degli atti di imposizione.
A riguardo, senza indugiare nell'esame analitico delle norme, va anzitutto
sottolineato che il sistema vigente delle II.DD. (IRPEF, IRPEG, ILOR) al
verificarsi del presupposto del tributo, costituito dal possesso di un
reddito nel periodo d'imposta, il contribuente e' tenuto a liquidare
l'imposta dovuta, a provvedere al pagamento della stessa e a comunicare
all'Amministrazione finanziaria, mediante dichiarazione, l'avveramento del
presupposto, la base imponibile e i criteri seguiti nella liquidazione. In
questi casi l'attivita' amministrativa e' diretta al controllo della
dichiarazione, in relazione alla sua regolarita' formale, veridicita' e
completezza, nonche' alla verifica della prestazione adempiuta; e solo se il
controllo si concludeva sfavorevolmente per il contribuente
l'Amministrazione provvede ad emettere un atto di accertamento sostitutivo,
correttivo o integrativo della dichiarazione.
Non si puo' fondatamente contestare, quindi, che l'obbligazione tributaria -
secondo lo schema proprio della categoria delle obbligazioni che trovano la
loro fonte nella legge (cioe' di gran parte delle obbligazioni pubbliche) -
nasce ex legge con il verificarsi del presupposto, dal quale scaturiscono le
due situazioni correlate di debito e di credito che caratterizzano il
rapporto obbligatorio, mentre la (successiva) attivita'
dell'Amministrazione, certativa e qualificatoria del fatto imponibile,
attiene all'esercizio del diritto di credito cosi' sorto, sicche' gli
eventuali atti di accertamento sono sempre strumentali e non genetici
rispetto all'obbligazione.
D'altra parte, a voler sostenere il contrario, giammai si potrebbe ritenere
che il presupposto dia luogo ad un mero stato di potenzialita' idoneo a
legittimare un atto d'imposizione (secondo l'opinione dottrinale piu'
sofisticata, il presupposto realizza la fattispecie cui e' correlato il
potere dell'Amministrazione di emanare un atto costitutivo dell'obbligazione
tributaria), bensi' occorrerebbe ipotizzare l'insorgenza di due
obbligazioni, una scaturente dalla legge e da adempiere contestualmente alla
dichiarazione, l'altra derivante dall'atto di accertamento e relativa
all'ulteriore imposta pretesa. Sennonche', a parte il rilievo che
quest'ultima e' solo eventuale, giacche' - come si e' detto - l'esigenza
dell'accertamento si manifesta soltanto se il contribuente non dichiari in
modo infedele o errato la base imponibile, e' agevole obiettare che
l'artificiosa duplicazione non ha fondamento normativo, posto che all'unica
situazione imponibile - id est, al presupposto verificatosi nel periodo -
non puo' che corrispondere un'obbligazione unica ed inscindibile, mentre
l'ulteriore imposta richiesta, e l'attivita' procedimentale all'uopo svolta,
agevolmente si inquadrano nell'esercizio in forma amministrativa del diritto
di credito dell'Amministrazione, la quale attribuisce una diversa entita'
originaria all'obbligazione (per una maggiore dimensione del presupposto,
per l'indetraibilita' di oneri, per l'applicabilita' di un'aliquota
maggiore, etc.).
Ne' l'accertamento puo' assumere un diverso valore rispetto le ipotesi in
cui manchi la dichiarazione, giacche' l'omissione non incide,
manifestamente, sull'esistenza dell'obbligazione e l'atto che l'accerta
conserva natura dichiarativa, operando ugualmente ex tunc.
- Le stesse considerazioni suggerisce il meccanismo della ritenuta alla
fonte, per cui al verificarsi del presupposto nasce dall'obbligo della
ritenuta e del versamento a carico del sostituto d'imposta ovvero della
ritenuta diretta (art. 23 ss., D.P.R. n. 600 del 1973; artt. 2 e 3, D.P.R.
n. 602 del 1973). E l'istituto, presente pure nell'ordinamento precedente
alla riforma (art. 167 del T.U. delle II.DD. n. 645 del 1958), anche in
relazione a questo e' stato correttamente valorizzato per negare la natura
costitutiva dell'accertamento, presupponendo l'esistenza dell'obbligazione
tributaria indipendentemente da un qualsiasi atto di verifica da parte
dell'Amministrazione.
Consapevole di cio', una parte della dottrina ha inquadrato la fattispecie
nella categoria dei tributi senza imposizione, enucleata in contrapposto a
quella dei tributi con imposizione perche' solo per i primi l'obbligazione
nascerebbe direttamente dalla legge, mentre nei secondi deriverebbe da un
successivo accertamento costitutivo.
Ma la distinzione - sulla quale si insiste negli scritti difensivi della
resistente - a ragione e' stata negletta dalla giurisprudenza di questa
Corte, posto che una diversita' strutturale fra i tributi, attinente al
momento generico dell'obbligazione, non puo' farsi dipendere dal
procedimento di emersione del presupposto o dalle modalita' di adempimento
della prestazione imposta; e una siffatta distinzione risulta addirittura
improponibile all'interno di uno stesso tributo, cui non e' possibile
attribuire di volta in volta fonte legale o fonte provvedimentale a seconda
che intervenga o non intervenga un atto di accertamento di una maggiore
imposta, il medesimo debito, relativo ad un unico periodo di imposta, si
dovrebbe considerare in parte sorto con il verificarsi del presupposto del
tributo e in parte successivamente, frazionandosi in piu' rapporti
giuridici.
- Tale frazionamento, di per se' ingiustificabile in presenza di un'unica
fattispecie giuridica normativamente definita e circoscritta, trova puntuale
smentita direttamente nella legge, che, ai fini del ritardo nel pagamento
del tributo, considera unitariamente sorto il credito d'imposta al tempo in
cui si sono verificati i presupposti del tributo, cioe' nel periodo
d'imposta senza distinguere fra debito riferibile alla dichiarazione e
debito riferibile all'accertamento.
Per la disciplina precedente alla riforma tanto risulta dall'art. 184-bis
del T.U. n. 645 del 1958, che prevedeva un sistema di computo delle
maggiorazioni della data in cui le imposte accertate si sarebbero dovute
versare o iscrivere a ruolo, proprio con la finalita' - piu' volte
evidenziata da questa Corte - di compensare l'Amministrazione per il ritardo
nell'adempimento da parte del contribuente, ritardo ritenuto esistenze
appunto presupponendo l'anteriorita' del credito rispetto all'atto di
accertamento.
Nella nuova disciplina della riscossione, poi, sulle imposte o sulle
maggiori imposte dovute in base a rettifica o accertamento d'ufficio sono
sempre dovuti interessi semestrali dalla data di scadenza del versamento
diretto o del termine di presentazione della dichiarazione (artt. 9 e 20,
D.P.R. n. 602 del 1973); e cio' dimostra non solo che il debito sorge dalla
data suddetta, ma anche che il debitore e' considerato in mora ancorche'
l'obbligazione non sia ancora liquida.
Nello stesso senso sono particolarmente significative altre due norme
segnalate dalla dottrina, cioe' gli artt. 43 e 65 del D.P.R. n. 600 del
1973: la prima disposizione, per i casi di omessa prestazione della
dichiarazione o di dichiarazione nulla, prevede un termine di decadenza di
sei anni per l'azione dell'Amministrazione, cosi' ricollegando il diritto
della stessa direttamente al verificarsi del presupposto del tributo; la
seconda disposizione stabilisce che gli eredi rispondono in solido dei
debiti tributari "il cui presupposto si e' verificato anteriormente alla
morte della dante causa, per cui gli eredi medesimi succedono in
un'obbligazione gia' sorta e non soltanto in una situazione potenzialmente
suscettibile di provocare un futuro accertamento costitutivo.
Infine, non interferisce con il problema ora esaminato il sistema del nuovo
contenzioso tributario: un argomento sistematico a favore del carattere
costitutivo dell'accertamento si sarebbe potuto trarre se fosse stata
prevista una giurisdizione di mero annullamento; ma cosi' non e', giacche'
il processo tributario, sebbene strutturato come impugnativa di specifici
provvedimenti dell'Amministrazione (tra cui gli avvisi di accertamento,
intesi in senso lato), concerne non solo la loro legitimita' formale -
venendo in rilievo i vizi relativi alla ritualita' degli atti o del
procedimento e, piu' in generale, inerenti all'osservanza degli stessi, in
quanto il giudice deve direttamente accertare, nei limiti della
contestazione, i presupposti materiali e giuridici dell'obbligazione
tributaria assunti dall'Amministrazione a fondamento del provvedimento
medesimo.
Giova pure aggiungere che il ruolo e' un atto di riscossione
dell'obbligazione tributaria, posto in essere dall'Amministrazione
nell'esercizio del potere ad essa conferito per la realizzazione materiale e
coattiva del credito, quale risulta in base alla dichiarazione (nelle
ipotesi di correzione della stessa, ex art. 36-bis, D.P.R. n. 600 del 1973)
o a seguito di accertamento: rispetto a tale atto, quindi, un problema
relativo alla fonte dell'obbligazione tributaria in realta' neppure si pone.
- In conclusione, si deve affermare che l'obbligazione tributaria nasce ex
lege con l'avveramento del presupposto del tributo, e non per effetto
dell'eventuale atto amministrativo di accertamento, e che in forza di tale
principio, valido anche per le imposte precedenti alla riforma, quando il
presupposto si sia verificato prima dell'inizio della procedura di
concordato preventivo, l'intero credito d'imposta deve considerarsi
anteriore al concordato, ai sensi degli artt. 168 e 184 legge fallimentare,
ancorche' non sia stato in tutto o in parte ancora accertato o iscritto nei
ruoli. I crediti tributari per i periodi d'imposta precedenti alla procedura
concorsuale sono sempre soggetti, quindi, agli effetti del concordato
preventivo omologato, con o senza cessione di beni, e debbono essere
soddisfatti in sede di adempimento del concordato medesimo e nella
percentuale stabilita, se chirografari, anche quando l'accertamento e
l'iscrizione nei ruoli siano sopraggiunti nel corso della procedura: con la
conseguenza che, in caso di concordato con cessione dei beni, deve
riconoscersi il diritto dell'esattore ad ottenere dai liquidatori il
pagamento, secondo le clausole concordatarie, dei crediti di imposta
risultanti da un ruolo emesso durante la procedura, ma relativi a periodi di
imposta ad essa anteriori.
Nella specie, la Corte di Appello di …, pur avendo accertato che i crediti
iscritti nei ruoli si riferivano a periodi di imposta precedenti al
concordato, li ha ritenuti estranei al regime concordatario in quanto
l'iscrizione a ruolo era avvenuta in epoca successiva all'inizio della
procedura, attribuendo rilievo determinante, cioe', a tale provvedimento ai
fini dell'esistenza di un credito azionabile in sede concordataria, ex art.
184 legge fallimentare; la quale opinione, come si e' detto, non puo' essere
condivisa.
- Con l'unico motivo dei due ricorsi incidentali, la Cassa di Risp. di …
sostiene che, anche ammettendo la natura concordataria dei crediti di
imposta anteriori non iscritti a ruolo, questa conclusione giammai, potrebbe
essere condivisa per i crediti relativi alle sanzioni pecuniarie inflitte
relativamente agli stessi tributi accertati.
Il ricorso e' inammissibile, giacche' sulla questione suddetta la Corte di
Appello non si e' affatto pronunziata, ritenendola assorbita dalla soluzione
data alla questione principale, rispetto alla quale, per altro, involge
problemi solo in parte diversi.
- In definitiva, mentre i ricorsi incidentali vanno dichiarati
inammissibili, debbono essere accolti quelli principali e la sentenza
impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altro giudice, che
si designa nella Corte di Appello di …, la quale procedera' a nuovo esame
della controversia attendendosi ai principi di diritto innanzi enunciati sub
n. 6; provvedera' altresi' sulle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a sezioni unite: riunisce i ricorsi n. 3960/84,
6342/84, 7472/84 e 7473/84; accoglie i ricorsi dell'Amministrazione
finanziaria e dell'Esattoria comunale delle II.DD. di … dichiara
inammissibili i ricorsi incidentali della Cassa di Risp. di …; cassa la
sentenza impugnata e rinvia la causa per nuovo esame alla Corte di Appello
di …, la quale provvedera' anche sulle spese di questo giudizio di
cassazione.