Sentenza del 08/03/2022 n. 2368 - Comm. Trib. Reg. per la Campania Sezione/Collegio 23

Decisioni

  • 004610/2021 - FAVOREVOLE ALL' UFFICIO

Massime

MASSIMA 1/2022 ALTRE IMPOSTE INDIRETTE - CONTRIBUTO UNIFICATO TRIBUTARIO - APPELLO SULLE SPESE DI CAUSA - DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA LITE IN BASE AL VALORE DEL TRIBUTO OGGETTO DEL GIUDIZIO - ESCLUSIONE - RAGIONI

Ove venga proposto appello avverso una sentenza unicamente in ordine alla liquidazione delle spese di causa, il valore della lite non va più determinato con riferimento al valore del tributo oggetto del giudizio, in quanto la condanna alle spese di lite non contiene alcuna pretesa tributaria. Di conseguenza, il valore della lite va determinato, ai sensi del D.P.R. 115/2002, con riferimento a quello delle spese di causa oggetto del giudizio e, se tale valore non è stato dichiarato dall'appellante, lo stesso va considerato come indeterminabile.

Pres. Ettore Ferrara, Est. Filippo Verrone


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

Pur a fronte della soccombenza dell'appellante, le spese del giudizio di appello possono essere compensate, allorquando la sentenza di primo grado rechi una motivazione non congruente con gli esatti contenuti del ricorso del contribuente (nella fattispecie si parlava di cartella, mentre l'atto oggetto del contendere era un avviso di accertamento, nonché di mancata prescrizione dei tributi erariali, mentre il contribuente eccepiva la decadenza dal potere accertativo). Il gravame, dunque, è stato giustificato, almeno in parte, dall'interesse del contribuente a far valere questa distonia. La sua soccombenza nel merito osta, d'altra parte, ad una regolazione delle spese ancor più favorevole all'appellante. (S.A.).

Riferimenti normativi: c.p.c. art. 92 e ss.

In caso di presentazione di querela di falso, il giudice tributario non deve semplicemente prenderne atto e sospendere il giudizio, ma è tenuto a verificare la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione. E' indubitabile che lo stesso giudice tributario, ove riconosca la pertinenza della querela di falso presentata rispetto all'oggetto del procedimento portato alla sua cognizione, è tenuto, ai sensi del d.lgs. n. 546/1992, art. 39, a sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stessa o fino a quando non sia altrimenti definito il relativo giudizio, trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, di cui egli non può conoscere neppure incidender tantum. (F.L.).

Riferimenti normativi: d.lgs. n. 546/1992, art. 39

. Riferimenti giurisprudenziali: Cass. 24620/2020.

Nel processo tributario, la parte, totalmente vittoriosa nel merito, rimasta soccombente su una determinata questione (nelle specie, omessa notifica della cartella di pagamento), onde evitare la formazione del giudicato interno, deve necessariamente proporre impugnazione incidentale sul punto, non essendo sufficiente la mera riproposizione della questione in appello, ai sensi dell'art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, poiché la dizione "non accolte" ivi utilizzata riguarda le sole domande ed eccezioni su cui il giudice non si sia espressamente pronunciato.

Massima redatta a cura del CED della Cassazione

In tema di contenzioso tributario, nel giudizio instaurato dai contribuenti ed avente ad oggetto la legittimità della quota di ritenuta fiscale trattenuta dal comune sull'indennità di esproprio (o sulla somma corrisposta per la cessione bonaria dei terreni), l'ente locale è soltanto sostituto d'imposta e, quindi, obbligato in solido in un rapporto impositivo di cui è parte, come ente impositore, l'Amministrazione finanziaria dello Stato, sicché, non essendo un litisconsorte necessario, non vi è l'obbligo di disporre l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti neppure in secondo grado, ove ormai sia decorso il termine per l'impugnazione, atteso che l'art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi del quale l'appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili. Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'Agenzia delle Entrate Riscossione deve di regola costituirsi in giudizio personalmente e farsi difendere dai suoi dipendenti ed, in alternativa, può attivarsi in giudizio con l'Avvocatura dello Stato. Solamente in via eccezionale e residuale può stare in giudizio rappresentata da avvocati del libero foro. La scelta, non discrezionale, deve soddisfare principi e regole predeterminate in un atto organizzativo e deve tener conto anche della natura della causa e della rilevanza del valore oggetto del giudizio. Il Collegio ha dato atto che l'Agenzia non aveva spiegato l'esigenza di costituirsi tramite un avvocato del libero foro senza farsi difendere da un suo dipendente. Ha dichiarato, riformando la sentenza impugnata, che nulla si doveva per le spese di lite all'Agenzia delle Entrate Riscossione per il giudizio di primo grado condannandola, in quello di appello, al pagamento delle spese. (G.T.).

Riferimenti normativi: d.lgs. 156/2015.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 28741/18; 30008/19.

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