Sentenza del 16/10/2015 n. 20950 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

IMPOSTA DI REGISTRO - TARIFFA - IN GENERE - PLUSVALENZA DA COMPRAVENDITA DI TERRENI EDIFICABILI - INCLUSIONE DEL TERRENO IN AREA DESTINATA A UTILIZZO MERAMENTE PUBBLICISTICO - ESCLUSIONE DELLA POTENZIALITÀ EDIFICATORIA - INSUFFICIENZA - FATTISPECIE

In tema d'imposte sui redditi, non può escludersi l'imponibilità delle plusvalenze da redditi diversi, prevista dall'art. 81 (ora 67), comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del 1986, per la sola circostanza che il terreno ceduto si trovi all'interno di zona vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico, dovendosi avere riguardo alla destinazione effettiva dell'area, in quanto la potenzialità edificatoria, desumibile oltre che da strumenti urbanistici adottati o in via di adozione, anche da altri elementi, certi ed obiettivi, che attestino una concreta attitudine dell'area all'edificazione, è un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore dei terreni e rappresenta, pertanto, un indice di capacità contributiva ai sensi dell'art. 53 della Costituzione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha riconosciuto vocazione edificatoria, pur limitata, ad un terreno ricadente in zona F, in quanto le norme tecniche di attuazione del piano regolatore consentivano l'affidamento della realizzazione di attrezzature ed impianti d'interesse generale a soggetti terzi, anche privati, mediante la stipula di apposita convenzione).

Massima redatta a cura del CED della Cassazione.


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In materia di urbanistica, pur considerando che la potenzialità edificatoria dell'area, anche se prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno, non necessariamente può automaticamente rappresentare un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell'art. 53 Cost. Ed invero, l'aspettativa di edificabilità di un suolo, non comporta, ai fini della valutazione fiscale, l'equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità. Comporta solo l'assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli, oggi meno conveniente per il contribuente, ma non per questo iniquo. (D.R.).

Riferimenti normativi: Cost. art. 53. Riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 25506/06.

La circostanza che un immobile sia di interesse storico artistico non è condizione sufficiente per ridurre o addirittura eliminare il versamento della Tarsu. In particolare, nel caso di specie, si tratta di un'area corrispondente a ruderi di un'antica cattedrale classificati di interesse storico ex Legge 1089/1929 che certamente non sarebbero idonei, su base logico-deduttiva, a produrre rifiuti di sorta. La Corte ricorda invece che il presupposto impositivo della TARSU è la potenziale attitudine a produrre rifiuti da parte dei soggetti detentori degli spazi, e di conseguenza per un qualsiasi immobile d'epoca, l'interesse culturale e artistico non è sufficiente a ridurre o eliminare il versamento della tassa in esame. A tal riguardo è necessario infatti, dimostrare l'effettiva idoneità dell'immobile alla non produzione di rifiuti. In sostanza, "l'art. 62, comma 1, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicché, ai fini dell'esenzione dalla tassazione prevista dal secondo comma del citato art. 62 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per loro natura o per il particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni d'inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione".

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

In tema d'imposta comunale sugli immobili (ICI), l'inclusione di un'area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o interesse pubblico incide senz'altro nella determinazione del valore venale dell'immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l'oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d'inedificablità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione (nella specie, per la realizzazione della linea ferroviaria), che non fanno venir meno l'originaria natura edificabile.

(Massima tratta dal CED della Cassazione)

In tema di imposta di registro, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di interpretazione autentica del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dall'art. 52, quarto comma, del d.P.R. n. 131 cit., è desumibile dalla qualificazione attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, anche se non ancora approvato dalla Regione ovvero in mancanza degli strumenti urbanistici attuativi, dovendosi ritenere che l'avviso del procedimento di trasformazione urbanistica sia sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene deve essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo. L'impossibilità di distinguere, ai fini dell'inibizione del potere di accertamento, tra zone già urbanizzate e zone in cui l'edificabilità è condizionata all'adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione non impedisce, peraltro, di tener conto, nella determinazione del valore venale dell'immobile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione. Massima tratta dal CED della Cassazione.

La locuzione "utilizzazione edificatoria" di cui all'art. 2, comma 3 lett. c), D.P.R. n. 633 del 1972, va raccordata con la nozione di edificabilita' propria delle leggi e degli strumenti urbanistici e considerata, anche in ragione del significato letterale da attribuire ai due termini, come possibilita' per il privato di esercitare il proprio diritto ad edificare, di sfruttare cioe' il bene a fini edilizi, eseguendo su di esso, sia pure nell'ambito dei limiti consentiti dal piano, costruzioni ed altre opere di urbanizzazione destinate ad abitazioni ed uffici ed alle strutture ad essi collegate. Ne deriva che la presenza di un vincolo di destinazione di una zona ad attivita' sportiva, con attribuzione di un limite di edificabilita' minimo funzionale alla realizzazione di strutture collegate a tale destinazione, impedisce la qualificazione di tale area come "suscettibile di utilizzazione edificatoria", dal momento che proprio la sussistenza di tale vincolo preclude al privato tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione. *Massima redatta dal servizio di documentazione economica e tributaria

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