Sentenza del 23/04/1987 n. 3935 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezioni unite

Massime

ACCERTAMENTO REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE EFFETTUAZIONE DELLA RITENUTA IRPEF REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA PERSONALE NON PUO' GRAVARE SULL'IMPRENDITORE NULLITA' DEI PATTI CONTRARI

Sui redditi di lavoro dipendente va operata la ritenuta d'acconto di cui all'art. 23 del D.P.R. 600/1973, essendo tale elemento necessario per l'accertamento del reddito e del suo assoggettamento ad imposizione da parte del contribuente. L'obbligo tributario, a cui tutti vanno assoggettati "in ragione della loro capacita' contributiva", e' infungibile e, quindi, non puo' gravare sul datore di lavoro ed e' illecito, oltre che nullo, ex art. 1418 c.c., qualsiasi convenzione contraria.


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In tema di reddito d'impresa, le regole sull'imputazione temporale dei componenti negativi, dettate in via generale dall'art. 75 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza, cosi' da alterare il risultato della dichiarazione; ne' l'applicazione di detto criterio implica di per se' la conseguenza, parimenti vietata, della doppia imposizione, che e' evitabile dal contribuente con la richiesta di restituzione della maggior imposta, la quale e' proponibile, nei limiti ordinari della prescrizione ex art. 2935 cod. civ., a far data dal formarsi del giudicato sulla legittimita' del recupero dei costi in relazione alla annualita' non di competenza. *Massima redatta dal servizio di documentazione economica e tributaria

Il datore di lavoro ai sensi dall'art.?23, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, e' tenuto ad operare la 'ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dal percipiente' negli specifici casi, previsti dal Tuir, indicati in detto articolo. In tale peculiare veste il datore di lavoro, oltre che sostituire il contribuente nell'adempimento dell'obbligo tributario di versamento dell'imposta (obbligo che resta in tal modo agevolato), svolge comunque anche un'attivita' di 'accertamento' dell'obbligo del percettore del reddito perche' il sorgere del suo obbligo di operare la ritenuta suppone l'accertamento, da parte dello stesso sostituto, della sussistenza dei presupposti di legge per effettuarla. Discende da tanto che sull'Amministrazione finanziaria dello Stato non grava nessun dovere di verificare ex officio l'effettiva rispondenza alle previsioni normative delle ritenute alla fonte operate dai datori di lavoro ex art. 23, D.P.R. n. 600/73, atteso che l'eventuale dissenso del lavoratore sostituito sull'assoggettabilita' ad imposta di un qualche emolumento corrisposto dal datore di lavoro non elide l'obbligo del sostituto di imposta di operare la ritenuta che egli reputa dovuta e di denunziarla (oltre che di versarla) come tale all'Erario per il quale, quindi, il dissenso del sostituito e' del tutto indifferente. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.

La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del complesso credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivita' lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, in forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da "tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato", e' soggetto all'imposta sul reddito delle persone fisiche e quindi alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro e' obbligato ad operare, all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. * Massima tratta dal Ced della Cassazione.

1) e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, primo comma, lett. D), d.p.r. 636/1972, per violazione dell'art. 108, secondo comma, cost., poiche' il principio di indipendenza da quest'ultimo sancito e' assicurato dalla peculiarita' dell'ordinamento degli avvocati dello stato e della loro attivita' professionale, che garantisce l'autonomia strutturale e funzionale dei predetti rispetto allo stato che difendono in giudizio. 2) la divergenza tra valore dichiarato e valore accertato e' da sola sufficiente a far sorgere l'obbligo degli interessi a carico dei contribuenti, giacche' tali interessi moratori sono dovuti per il solo fatto del ritardo nell'adempimento del pagamento delle imposte: essi sono dovuti fino alla data dell'effettivo pagamento, a far tempo dalla data di esigibilita' dei tributi principali. 3) nel sistema della 28 marzo 1962 n. 147 il ritardo nell'adempimento. Oggettivamente produttivo di vantaggio per il solvens e di danno per l'accipiens. Non e' sufficiente da solo, con riguardo all'imposta complementare, ma si fonda su una negligente dichiarazione di valore, presuntivamente imputabile al contribuente, salva prova contraria. Questa prova non puo' riguardare l'illegittimo operato dell'amministrazione riguardante, nel caso di specie, altri cespiti, e non influente sulla determinazione dell'imposta complementare in definitiva dovuta.

La rivalutazione monetaria ai sensi dell'art. 429, 3 co, del C.P.C. e' una componente essenziale del credito di lavoro soddisfatto tardivamente che e' strettamente connessa al credito originario di cui e' tesa a salvaguardare il "valore reale" e, come questo, trova titolo, immediato e diretto, nel rapporto di lavoro. Ne consegue, pertanto, la soggezione di detta componente allo stesso regime (anche) fiscale del credito di lavoro cui accede con l'ulteriore conseguenza che essa e' anche soggetta (al pari del reddito di lavoro dipendente ex art. 46 e ss del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) alla ritenuta, a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, sancita dall'art. 23 del DPR 29 settembre 1973, n. 600. Alla predetta ritenuta non sono soggetti, invece, gli interessi legali dovuti, ai sensi dello stesso art. 429, 3 co, CPC, in caso di pagamento tardivo del credito di lavoro. I cennati interessi, infatti, sono oggetto di un'obbligazione autonoma, anche se accessoria e, di regola non sono soggetti allo stesso regime (anche) fiscale del credito al quale accedano e non sono ricompresi tra i redditi di lavoro dipendente di cui agli artt. 46 e ss del DPR 597 del 1973. In sede di coguizione il giudice e' dispensato dalla determinazione dell'importo della retribuzione, al netto della ritenuta di acconto, in quanto l'obbligo di effettuarla, sorgendo al momento del pagamento, grava sul datore di lavoro che spontaneamente adempia l'obbligazione o esegua la sentenza oppure, come nella specie, sul lavoratore che proceda all'esecuzione forzata.

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