Sentenza del 18/12/2006 n. 27067 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Testo

                                Fatto  

 L'Ufficio imposte   dirette   di  Castellammare  di  Stabia,  in  data  18  

novembre 1996, notificava nei confronti della societa' contribuente l'avviso
di accertamento (n. 10) per l'anno 1991, ai fini Irpeg ed Ilor, con cui
contestava un maggiore imponibile di lire 541.329.000.
L'accertamento scaturiva da processo verbale di constatazione del 9
marzo 1996, redatto in occasione di una verifica documentale, nel corso
della quale venivano constatate numerose irregolarita' dei libri contabili e
dei cespiti ammortizzabili, la mancata esibizione del libro di carico delle
ricevute fiscali, il versamento ingiustificato di finanziamento ai soci,
alcuni costi non deducibili e maggiori corrispettivi non contabilizzati,
determinati induttivamente.
La societa' proponeva opposizione avverso tale avviso con ricorso
inviato in busta e ricevuto dall'ufficio il 21 gennaio 1997.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con la sentenza
n.\u00C3\u0088403/01/97, riteneva tempestivo il ricorso con riferimento alla data del
timbro postale di spedizione della busta in cui l'atto era contenuto e, in
parziale accoglimento dell'opposizione, riduceva il reddito imponibile ai
fini Irpeg ed Ilor.
L'ufficio proponeva gravame; eccepiva l'intempestivita' del ricorso, in
quanto pervenuto oltre i termini per l'impugnativa; chiedeva la conferma
delle riprese annullate e la revisione del ridimensionamento dei ricavi.
La societa' interponeva appello incidentale, riproponendo le tesi gia'
svolte.
La Commissione tributaria regionale, con la sentenza in epigrafe
indicata, rigettava l'appello dell'ufficio ed accoglieva parzialmente
l'appello incidentale della societa'.
Veniva cosi' motivato: la proposizione del ricorso di primo grado era
corretta perche' spedito nei termini, come si rilevava dal timbro postale
apposto sulla busta; andavano pienamente condivisi gli annullamenti delle
riprese dei costi decisi dalla Commissione tributaria provinciale in
relazione alla documentazione prodotta; restava a carico
dell'Amministrazione finanziaria, attrice in senso sostanziale, l'onere di
fornire la prova dei fatti-indice, costituenti il fondamento della pretesa
tributaria; nella determinazione dei maggiori ricavi si era fatto ricorso a
presunzione da presunzione, in violazione del disposto dell'art. 2727 del codice civile; l'accertamento doveva ispirarsi al principio di capacita'
contributiva fissato dall'art. 53 della Costituzione; in accoglimento
dell'appello incidentale, andavano annullati i presunti maggiori
corrispettivi accertati.
Per la cassazione di questa decisione l'Amministrazione finanziaria ha
proposto ricorso, notificato il 26 novembre 2001, con l'articolazione di tre
motivi.
La societa' ha resistito con controricorso.

                                Diritto  

 1. Con   il  primo  motivo  l'Amministrazione  ricorrente  ha  dedotto  la  

violazione degli artt. 21, comma 1, e 20, comma 2, del D.Lgs. n.\u00C3\u0088546/1992,
in relazione all'art. 360, nn. 3) e 4), del codice di procedura civile,
rilevando l'inammissibilita' del ricorso introduttivo perche' tardivo, in
quanto da ritenersi notificato il 21 gennaio 1997, mentre il termine di
sessanta giorni dalla notifica dell'avviso impugnato era scaduto il 17
gennaio 1997, dal momento che l'atto avrebbe dovuto essere inviato in plico
senza busta raccomandato con ricevuta di ritorno, forma prescritta per legge
affinche' la notifica possa considerarsi effettuata alla spedizione.
Tramite la seconda doglianza e' stata rilevata la violazione degli
artt.\u00C3\u008814 e 39, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600/1973 e 2729 del codice civile,
in relazione all'art. 360, n. 3), del codice di procedura civile,
assumendosi che la determinazione induttiva era stata correttamente eseguita
dall'ufficio nell'ambito di un accertamento analitico-induttivo dei ricavi,
stante l'inattendibilita' globale delle scritture contabili che aveva
giustificato il ricorso a presunzioni ed alle medie di settore.
A mezzo della terza censura e' stata eccepita la violazione dell'art. 75
del Tuir, nonche' l'omessa motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3) e
5), del codice di procedura civile, lamentandosi che la sentenza impugnata
non aveva tenuto nel debito conto le valutazioni dell'ufficio sulle riprese
e non aveva esaurientemente motivato in proposito.
2. La societa' controricorrente, in via preliminare e pregiudiziale, ha
eccepito l'inammissibilita' del ricorso per cassazione perche' notificato in
data 26 novembre 2001, oltre il termine di un anno e quarantasei giorni che
era scaduto il 24 novembre 2001, essendo stata la sentenza impugnata
depositata il 9 ottobre 2000 ed essendo stato eletto domicilio.
3. L'eccezione di inammissibilita' del ricorso, come innanzi dedotta
dalla societa' controricorrente, e' destituita di fondamento.
La notifica presso il domicilio eletto - tardivamente effettuata il 26
novembre 2001 - non veniva eseguita in data 24 novembre 2001 (tempestiva)
perche' l'ufficiale giudiziario dopo aver "trovato chiuso", non aveva potuto
procedere con la notifica ai sensi dell'art. 140 del codice di procedura
civile "perche' di sabato mattina la casa comunale di Gragnano e' chiusa".
Tuttavia, a parte il delineato rilievo, deve essere evidenziato che era
pienamente valida e rituale la precedente notifica, effettuata
tempestivamente in data 24 novembre 2001, nei confronti della parte e cioe'
la "S.r.l. H.R. S.I., in persona del liquidatore G.D.M." mediante consegna a
mani del figlio di quest'ultimo.
4. Deve, invece, ritenersi pienamente fondata la questione, preliminare
ed assorbente, dedotta con il primo motivo di ricorso alla luce di
specifiche pronunce sul tema (ex plurimis, Cass., Sez. trib., 29 agosto
2001, n. 11327).
Ratione temporis (il ricorso introduttivo veniva proposto nel gennaio
1997), deve farsi riferimento al nuovo processo tributario introdotto con il
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (entrato in vigore il 15 gennaio 1993 ed
efficace dal 1 aprile 1996, data unica di insediamento delle Commissioni
tributarie) e, in particolare, all'art. 20 che regola la proposizione del
ricorso alla Commissione tributaria provinciale (regolamentazione, peraltro,
conforme al previgente processo tributario, specificamente all'art. 17, comma 1, primo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nel testo
modificato dall'art. 8 del D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739).
Dalla richiamata norma processuale tributaria (comma 2) e' prescritto
che: "La spedizione del ricorso a mezzo posta dev'essere fatta in plico
raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. In tal caso il ricorso
s'intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate".
La previsione normativa del plico senza busta impone alla parte
ricorrente un'attivita' sicuramente idonea a conseguire la prova
(documentale) della certezza di due elementi di un'unica fattispecie legale:
la certezza della spedizione di un atto e la certezza della specificita'
dell'atto spedito.
Orbene, l'apposizione del timbro datario postale sul retro del plico
senza busta, in pratica sul retro dello stesso ricorso, e' idonea, in
termini non revocabili in dubbio, ad eliminare ogni incertezza
sull'attinenza della ricevuta di spedizione alla copia del ricorso (Cass. 16
novembre 1988, n.\u00C3\u00886200).
Nel contesto di un'ottica panoramica della giurisprudenza di
legittimita' si realizza l'univoco convincimento di un'esegesi applicativa
da parte di questa Corte alquanto restrittiva, motivata da molteplici
ragioni di ordine anche sistematico, oltre che letterale e logico.
In materia di notificazione di atti giudiziari l'orientamento
legislativo e' improntato ad alta attenzione alla delicatezza ed alla
specialita' dell'operazione di conoscenza e del relativo servizio: ed il
segnale piu' sintomatico e' certamente costituito dall'istituzione
dell'ordine autonomo degli ufficiali giudiziari, cui e' conferito il munus
publicum della redazione scritta dell'atto di notificazione, peraltro
autonomo rispetto all'atto da notificare.
La previsione normativa, che autorizza l'ufficiale giudiziario ad
avvalersi del servizio postale per la notificazione, si estrinseca
nell'indicazione di dettagliate modalita' di adempimento ed e' intessuta di
specifiche disposizioni, riflettenti formalita' essenziali, quasi "sacrali",
non suscettibili di essere vicariate da forme equipollenti (Cass. 14 maggio
1991, n. 5387).
Ovviamente, a maggior ragione il divieto assoluto di "equipollenti"
opera per quelle forme di notificazione degli atti giudiziari che possono
essere effettuate, sempre avvalendosi del servizio postale, ma da parte di
soggetti diversi dagli ufficiali giudiziari.
L'applicazione di questi principi nel processo tributario e' motivata
anche dall'evidenziazione del carattere eccezionale delle norme che
consentono alle parti di notificare i ricorsi tramite servizio postale, al
fine di semplificare la misura di conoscenza e ridurne i costi (Cass. 15
marzo 1991, n. 2797; 27 marzo 1997, n.\u00C3\u00886046).
Ed e' principio generale del diritto processuale tributario che, quando
sia consentito servirsi del servizio postale, per la verifica della
tempestivita' dei ricorsi del contribuente e delle impugnazioni sia del
contribuente che dell'Amministrazione finanziaria si deve aver riguardo non
alla data di arrivo, bensi' alla data di spedizione: e questo in rigorosa
applicazione della fondamentale norma di riferimento costituita
dall'art.\u00C3\u008820, comma 2, seconda parte, del D.Lgs. n. 546/1992, secondo la
quale "In tal caso il ricorso s'intende proposto al momento della spedizione
nelle forme sopra indicate".
L'operativita' del principio da ultimo delineato e' subordinata,
necessariamente, al rigoroso adempimento delle tre modalita' specificamente
prescritte per la spedizione del ricorso a mezzo posta: assumere come
strumento un plico senza busta; scegliere il servizio della raccomandata;
tuttavia, non raccomandata semplice, bensi' con avviso di ricevimento.
La costruzione di tali modalita' come elementi costitutivi essenziali
della fattispecie legale della spedizione postale del ricorso - costruzione
rigorosamente basata sul testo della norma fondamentale dell'art. 20 citato
("La spedizione del ricorso a mezzo posta dev'essere fatta in plico
raccomandato senza busta con avviso di ricevimento") - comporta rilevanti
conseguenze.
In particolare, l'inosservanza anche di una sola delle tre modalita'
preclude al ricorrente la possibilita' di fornire altrimenti la prova della
tempestivita' della proposizione del ricorso riferita alla spedizione (Cass.
21 giugno 1995, n. 6972; 25 luglio 1997, n. 6942).
Il rigore della costruzione di tali adempimenti come prova legale
inderogabile risulta pienamente giustificato sulla base della considerazione
delle finalita' perseguite dal legislatore con peculiare riferimento alla
fondamentale certezza degli elementi basilari che connotano l'atto
introduttivo del giudizio e, quindi, della rituale instaurazione del
processo.
Peraltro, non va pretermessa la considerazione della razionalita' delle
scelte legislative, in quanto per il ricorrente ha natura non di obbligo,
bensi' di mero onere la scelta del sistema della notifica del ricorso a
mezzo della spedizione postale: alla scelta della notificazione a mezzo
servizio postale, corrispondono sia conseguenze favorevoli, come
semplificazione della procedura e relativi bassi costi, sia effetti
sfavorevoli, come rigore formale delle modalita' ("sacralita'"), con la
sanzione, in ipotesi di inosservanza, della preclusione della possibilita'
di fornire prove alternative della data di spedizione e, dunque, con la
consequenziale grave sanzione dell'inammissibilita' del ricorso,
inevitabilmente correlata alla violazione della disciplina testuale.
5. Nel caso che ci occupa la societa' ricorrente inviava il ricorso in
plico con busta raccomandato, invece che senza busta come avrebbe dovuto,
avendo optato per la notificazione del ricorso a mezzo del servizio postale.
Non risultando il timbro postale apposto direttamente sul retro del
ricorso (bensi' sulla busta che lo conteneva) non poteva farsi riferimento
alla data di spedizione, ma solo a quella di ricezione.
Orbene, il ricorso, contenuto nella busta, veniva ricevuto dall'ufficio
impositore il 21 gennaio 1997.
Tuttavia, a questa data, risultava decorso il termine di sessanta
giorni, in quanto l'avviso di accertamento era stato notificato dall'ufficio
alla societa' il 18 novembre 1996.
Ne discende che il ricorso introduttivo era da considerarsi
inammissibile e che, attesa la natura della questione, gia' i primi giudici
avrebbero dovuto provvedere con la pronuncia di declaratoria di
inammissibilita'.
6. Da quanto innanzi argomentato consegue l'accoglimento del primo
motivo di ricorso, con il quale l'Amministrazione ricorrente censurava,
appunto, l'esaminata questione processuale, avente certamente carattere
pregiudiziale perche' relativa allo stesso rituale instaurarsi del rapporto
processuale.
Consegue, altresi', che puo' ritenersi assorbita la delibazione delle
questioni di merito introdotte con il secondo e terzo motivo,
rispettivamente in relazione alla correttezza della determinazione induttiva
ed al vizio motivazionale.
Concorrono giustificati motivi per pervenire ad un'equa compensazione
delle spese dell'intero giudizio.

                                 P.Q.M.  

 la Corte  accoglie  il  primo  motivo  di  ricorso.  Dichiara assorbiti il  

secondo ed il terzo motivo. Dichiara inammissibile il ricorso introduttivo.
Compensa le spese dell'intero giudizio.

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