Sentenza del 28/11/2022 n. 3187 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia Sezione/Collegio 23

Decisioni

  • 001014/2022 - FAVOREVOLE AL CONTRIBUENTE

Massime

PRINCIPIO DI AUTONOMIA FRA PROCEDIMENTO PENALE E PROCESSO TRIBUTARIO

L'efficacia di una sentenza penale passata in giudicato che assolve un contribuente non spiega in via automatica i suoi effetti sulla correlata azione di accertamento fiscale e quindi in un processo tributario.Il d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, disciplina le relazioni tra il processo penale e il processo tributario sulla base del principio del "doppio binario", il quale implica l'autonomia del procedimento amministrativo di accertamento dei tributi e del procedimento penale, e di conseguenza del processo tributario e del processo penale. Ma, la circostanza che il giudicato penale non faccia stato nel giudizio tributario, non significa che il giudice tributario possa non tenerne affatto conto, pur dovendo comunque valutare la decisione penale secondo le proprie regole procedurali. Per cui l'"estensione" del giudicato penale non deve avvenire in maniera acritica e automatica, ma deve essere assoggettata ad un'esplicita valutazione del giudice tributario circa la coincidenza dei fatti sui quali si è definitivamente pronunciato il giudice penale con quelli contestati in sede tributaria.


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Il Giudice tributario può utilizzare prove atipiche e prove acquisite in altri giudizi diversi da quello tributario il mero richiamo alle "conclusioni" cui è pervenuto il Giudice penale (in ordine alla valutazione della inefficacia probatoria degli elementi fattuali acquisiti al giudizio), non può costituire "ex se" valido e sufficiente supporto alla decisione adottata dal Giudice tributario, stante la relazione di autonomia in cui si pongono il giudizio penale ed il giudizio tributario; nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente. Pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all'azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui esso è destinato ad operare.

Il giudice tributario non deve limitarsi ad estendere al giudizio sull'atto impositivo l'esito del giudizio penale in quanto nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento degli Uffici finanziari. Nel processo tributario, infatti, vigono i limiti in materia di prova posti dall'art. 7, comma 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sì inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l'imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l'atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario. Pertanto, stante l'evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

L'efficacia vincolante del giudicato penale, ai sensi dell'art. 654 del codice di procedura penale, non opera nel processo tributario, poiche' in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall'altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Quindi, nessuna automatica autorita' di cosa giudicata puo' attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorche' i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente. Pertanto, il giudice tributario non puo' limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all'azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 del codice di procedura civile), deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui esso e' destinato ad operare. *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria.

Ai sensi dell'art. 654 del codice di procedura penale l'efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiche' in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall'altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Quindi, nessuna automatica autorita' di cosa giudicata puo' attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorche' i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente. Pertanto, il giudice tributario non puo' limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributarti, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all'azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 del codice di procedura civile), deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui esso e' destinato ad operare. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.

La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, emessa con la formula "perché il fatto non sussiste", non ha automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ma può valere quale possibile fonte di prova. Tuttavia, se il giudice tributario accerta che i fatti posti a base della pretesa fiscale sono gli stessi sui quali si è pronunciato il giudice penale, si deve ritenere che il giudicato penale esplichi effetti anche le processo tributario, e ciò anche tenuto conto del fatto che il processo penale ha in sì maggiori poteri istruttori e più incisività nel ricercare la verità dei fatti rispetto al processo tributario (nella specie, la CTR ha ritenuto che i fatti addebitati dall'Ufficio al contribuente, afferenti delle fatture per operazioni inesistenti, non fossero stati provati nel processo penale, nel quale erano stati utilizzati strumenti inquisitori tipici di quel procedimento, ben più incisivi rispetto a quelli propri dell'accertamento/processo tributario. Pertanto, secondo la CTR, in assenza di specifiche e convincenti argomentazione da parte dell'Agenzia idonee a contestare ragionevolmente le conclusioni del giudice penale, l'accertamento induttivo tributario doveva ritenersi infondato).

Riferimenti normativi: D.lgs. n. 546/92, art. 7; art. 654 c.p.p..

Riferimenti di giurisprudenza: Cass. n. 25632/2021

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