Sentenza del 23/10/1977 n. 4565 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1

Massime

IRPEF FUSIONE DI SOCIETA' FUSIONE CD "ETEROGENEA" DISCIPLINA APPLICABILE FATTISPECIE PRINCIPIO DELLA RESPONSABILITA' ULTRATTIVA DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI INSUSSISTENZA

In caso di fusione c. d. eterogenea non e' ipotizzabile la cumulabilita' delle discipline previste dagli artt. 2499 e 2503 del codice civile in ragione sia della loro separata ed autonoma collocazione normativa sia della diversita' di presupposti e finalita' degli istituti della trasformazione e della fusione. Pertanto nel suddetto caso di fusione c.d. eterogenea - nella specie si e' avuta l'incorporazione di una societa' in nome collettivo in una societa' di capitali con la particolarita' che i soci della prima erano al tempo stesso soci di entrambe le societa' partecipanti alla fusione - non e' applicabile il principio della responsabilita' ultrattiva dei soci illimitatamente responsabili della societa' fusa e incorporata perche' trascorsi tre mesi dalla data di iscrizione delle deliberazioni delle societa' partecipanti alla fusione nel registro delle imprese - senza opposizione dei creditori - la liberazione della responsabilita' patrimoniale dei soci si realizza per effetto del completamento dell'iter procedimentale della fusione previsto dall'art. 2603 del cod. civ..


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In caso di proposizione del ricorso per cassazione nei confronti di societa' incorporata in altra societa', posteriormente alla iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese, l'inesistenza del soggetto indicato nell'atto comporta l'assoluta incertezza circa l'identita' della parte, e quindi una nullita' dell'atto inerente alla costituzione del contraddittorio, inquadrabile nell'ambito del combinato disposto, applicabile per analogia, degli artt. 163, n. 2, e 164 cod. proc. civ. Tale nullita' e' sanabile "ex nunc" per effetto della instaurazione del contraddittorio mediante la notifica del controricorso della societa' incorporante entro il termine utile per l'impugnazione. Massima tratta dal CED della Cassazione.

La messa in liquidazione coatta amministrativa di una societa' configura l'evento della perdita della capacita' di stare in giudizio, ai sensi dell'art. 299 cod. proc. civ., atteso che, a norma dell'art. 200 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, detto stato comporta (fra l'altro) la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi e di controllo della societa' medesima e, comunque, l'attribuzione al commissario liquidatore - e non piu', quindi, alla persona fisica che la rappresentava fin quando era in bonis - della capacita' di stare in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale. Ne consegue, nella specie, la inammissibilita' del ricorso per cassazione non proposto, ne' notificato, nei confronti della "s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa". *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di imposta di registro, la direttiva del Consiglio n. 69/335/CEE, come modificata dalle direttive 73/80/CEE e 85/303/CEE, non osta alla riscossione dell'imposta proporzionale di registro - in base alla tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 - in caso di incorporazione di societa' ad opera di altra societa' che detiene la totalita' delle azioni o delle quote della societa' incorporata, non potendo tale operazione inquadrarsi nella fattispecie dei conferimenti dell'intero patrimonio societario in altra societa' di capitali remunerati esclusivamente mediante attribuzione di quote sociali, disciplinata dalla direttiva, per essere gia' tutte le quote o azioni appartenenti all'incorporante. Non e', poi, configurabile la violazione del divieto della doppia imposizione (al momento della costituzione delle due societa' e a quello della fusione), atteso che l'imposizione propria dell'atto traslativo che si verifica nella fusione per incorporazione senza aumento di capitale ha presupposti diversi rispetto a quella dei conferimenti, che con la fusione non hanno luogo; ne', d'altra parte, negando l'esenzione dall'imposta proporzionale di registro nelle fusioni dirette e ammettendola solo per quelle con concambio, si realizza una incostituzionale disparita' di trattamento di situazioni identiche perseguenti lo stesso obiettivo, in quanto le fusioni del secondo tipo hanno un contenuto di effettivo spostamento di capitali, assente invece nelle prime, sicche' la diversita' di effetti prodotti sulle strutture societarie dalle due analoghe operazioni ne giustifica il trattamento difforme sul piano fiscale. Massima tratta dal CED della Cassazione. Coforme a Cassazione n.6234 del 18/04/2003.

In tema di imposta di registro, la direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, n. 69/335/CEE, come modificata dalle direttive n. 73/80/CEE e n. 85/303/CEE, non osta alla riscossione dell'imposta proporzionale di registro - in base alla tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 - in caso di incorporazione di societa' ad opera di altra societa' che detiene la totalita' delle azioni o delle quote della societa' incorporata (v. sentenza Corte di Giustizia 27 ottobre 1998, in causa C - 152/97), non potendo tale operazione inquadrarsi nella fattispecie dei conferimenti dell'intero patrimonio societario in altra societa' di capitali remunerati esclusivamente mediante attribuzione di quote sociali, disciplinata dalla direttiva, essendo gia' tutte le quote od azioni appartenenti all'incorporante. Ne' e' configurabile la violazione del divieto della doppia imposizione (al momento della costituzione delle due societa' e a quello della fusione), atteso che l'imposizione propria dell'atto traslativo che si verifica nella fusione per incorporazione senza aumento di capitale ha presupposti diversi rispetto a quella dei conferimenti, che con la fusione non hanno luogo. Massima tratta dal CED della Cassazione.

La cessione di quote di partecipazione in societa' in nome collettivo va tassata, ai fini dell'imposta di registro (art. 43 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), al netto delle passivita' in quel momento esistenti, e cio' in quanto il carico delle passivita' rimane alla societa' stante la sua autonomia patrimoniale, e la responsabilita' personale dei soci, per le obbligazioni della societa' verso i terzi, ha carattere esclusivamente sussidiario e non puo' essere esercitata che dopo la escussione della societa'; tale principio trova applicazione anche nell'ipotesi in cui, a seguito della cessione della quota intervenuta tra i soci, venga meno la pluralita' dei medesimi, atteso che pure la societa' di persone in detta evenienza permane in vita, salva la esistenza di una diversa volonta' negoziale di operare con la cessione delle quote ad unico socio lo scioglimento del rapporto societario, e sempre che, nella diversa ipotesi, decorso il semestre, non sia stata reintegrata tale pluralita' con conseguente estinzione della societa' a norma degli art. 2272, n. 4 e 2308 c.c.

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