Sentenza del 09/06/1997 n. 5103 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 1

Massime

CONTENZIOSO TRIBUTARIO - REVOCAZIONE GIUDIZIO DI - MOTIVI DI REVOCAZIONE - ERRORE DI FATTO - DECORRENZA DEL TERMINE PER IMPUGNARE - DALLA SCOPERTA DELL'ERRORE - ESCLUSIONE - DALLA NOTIFICA DELLA SENTENZA O IN MANCANZA DA QUELLA DELLA PUBBLICAZIONE - NECESSITA'

Il configurarsi del sopravvenire della conoscenza di un fatto , quale "dies a quo" per l'impugnazione, mentre e' caratteristico delle ipotesi del- la cosiddetta "revocazione straordinaria" (nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 cod. proc. civ.), e' invece del tutto estraneo alle ipotesi della cosiddetta "revocazione ordinaria" (nn. 4 e 5 dello stesso articolo), nelle quali il "dies a quo" si identifica, invece, in quello della notificazione della sen- tenza, o, in mancanza, in quello della pubblicazione della stessa, e deter- mina - corrispondentemente - il decorrere del termine breve, o del termine annuale per l'impugnazione. Sentenze conformi: Cass. n. 953 del 1993; Cass. n. 10136 del 1996.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

La proroga del termine annuale di impugnazione della sentenza, disposta dall'art. 328, terzo comma, cod. proc. civ. con riguardo ai casi di morte o perdita della capacita' della parte (o del suo legale rappresentante) previsti dal richiamato art. 299, non e' suscettibile di estensione anche all'ipotesi di morte del procuratore della parte stessa, poiche', avuto riguardo alla natura del detto termine lungo (stabilito dall'art. 327 cod. proc. civ. quale limite temporale invalicabile rispetto alla possibilita' di impugnazione delle sentenze), non e' dato ravvisare alcuna ragione, riconducibile alla necessita' di consentire l'agevole esercizio del diritto di difesa (obiettivamente suscettibile di pregiudizio nel caso del termine breve di cui all'art. 325: cfr. Corte Cost. sent. n. 41 del 1986), che giustifichi in via interpretativa l'indicata estensione. *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di rimborso delle imposte sui redditi, la disciplina dettata dall'art. 38 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, che opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilita' del versamento indebito (e tanto se l'errore si riferisca al versamento, quanto nel caso in cui cada sull'"an" o sul "quantum" del tributo), va necessariamente osservata, con particolare riguardo al termine di decadenza, per ogni istanza di rimborso che il contribuente intenda presentare con riferimento alla specifica materia delle imposte sui redditi, mentre e' inapplicabile l'art. 16, sesto comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 636 (ora, art. 21, secondo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), che prevede un termine biennale per la presentazione dell'istanza, atteso il suo carattere residuale e di chiusura per il caso in cui manchino norme specifiche. Il decorso di novanta giorni dalla presentazione della domanda nel termine previsto dal citato art. 38 del DPR n. 602 del 1973 e', poi, idoneo a formare il silenzio - rifiuto, impugnabile dinanzi alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 16, settimo comma, del menzionato DPR n. 636 del 1972 (ora, art. 21, secondo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992). *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di successione , il R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, applicabile , perche' vigente all'epoca dell'apertura della successione , pur non contenendo una disposizione di tenore identico a quella di cui agli artt. 36, ultimo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, e 28, comma quarto, D. Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, riguardante la distribuzione dell'obbligo della dichiarazione di successione fra una pluralita' di soggetti, consente - sulla base dell'art. 55 - di ritenere - al pari di quelle successive previsioni legislative - che, in caso di eredita' giacente, la dichiarazione di successione da parte dell'erede non puo' considerarsi omessa quando un altro dei soggetti elencati in tale disposizione come disgiuntamente obbligato, con quello, alla presentazione (nella specie, il curatore dell'eredita' giacente), l'abbia presentata; cio', tanto piu' tenuto conto che la dichiarazione di successione a fini fiscali, presentata nel periodo di giacenza dell'eredita', ha natura conservativa ed e', pertanto, ai sensi dell'art. 460, terzo comma, cod. civ., inibita al chiamato. Ne consegue che, cessata la giacenza dell'eredita', l'erede non ha un nuovo obbligo di presentazione della denuncia di successione e - di conseguenza - il potere dell'Amministrazione finanziaria ad esercitare la propria pretesa fiscale non e' quello ventennale, di cui all'art. 86, n. 3, del R.D. n. 3270 del 1923, applicabile in caso di omessa presentazione della denuncia, ma quello triennale, di cui all'art. 86 n. 3, dello stesso R.D. n. 3270, decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione (nella specie, effettuata dal curatore). * Massima tratta dal CED della Cassazione.

L'art. 57, comma secondo, secondo periodo, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, il quale, relativamente ai tributi indicati nel precedente art. 53, comma primo (imposta di registro, ipotecaria e catastale, imposta sulle successioni e donazioni, INVIM), stabilisce la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza, va interpretato nel senso che esso comprenda - sin dalla sua originaria formulazione e, quindi, ancor prima della modifica operata dall'art. 4 del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16 (convertito nella legge n. 75 del 1993), che ha espressamente introdotto il riferimento all'accertamento - tanto i termini di accertamento, quanto quelli di riscossione, e cio' sia quando l'atto di imposizione e' stato adottato dopo l'entrata in vigore della menzionata legge n. 413 del 1991 - e non e' piu' condonabile -, sia quando l'avviso di accertamento viene adottato dopo la scadenza del termine originario ma prima di quella del termine prolungato ai sensi della norma medesima. Massima tratta dal CED d4lla Cassazione.

In tema di contenzioso tributario, in virtu' dell'art. 12, comma primo, lett. i), del D.L. 8 agosto 1996 n. 437, conv. in legge 24 ottobre 1996 n. 556, che ha sostituito l'art. 72, secondo comma, del D.L. 31 dicembre 1992, n. 546 - essendo stato soppresso il riferimento all'inapplicabilita' dell'art. 327, comma primo, cod. proc. civ. - a far data dal 26 agosto 1996 anche per la disciplina del termine per l'impugnazione delle decisioni di primo grado, pendente alla data di insediamento delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali (primo aprile 1996: art. 1, comma primo, lett. a) del D.L. n. 403 del 1995, conv. nella legge n. 495 del 1995), si applica la regola generale, espressamente richiamata, contenuta nell'art. 49 del D.L. n. 546 del 1992, il quale rinvia al capo primo del titolo terzo del libro secondo del codice di rito civile e, quindi, anche alla norma prevista dall'art. 327, comma primo, cod. proc. civ.; conseguentemente l'art. 72 del D.L. n. 546 del 1992 non e' piu' idoneo ad essere invocato come "tertium comparationis" di pretese disparita' di trattamento giuridico, posto che, qualunque sia la normativa applicabile (previgente, transitoria o vigente) la decadenza dall'impugnazione si determina dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza.

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