Sentenza del 17/01/2014 n. 861 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Massime

DISCIPLINA DELLE AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - AGEVOLAZIONI VARIE - IN GENERE - 04 - 26131TAR - PARTE1 - ARTTAR1"ART 1 PARTE 1 NOTA II BIS DELLA TARIFFA ALLEGATA AL DPR N 131 DEL 1986 - ABITAZIONE DI LUSSO - SUPERFICIE UTILE - DETERMINAZIONE - ART 6 DEL DM LAVORI PUBBLICI N 1072 DEL 1969 - APPLICABILITÀ - LEGGE N 47 DEL 1985 E DM LAVORI PUBBLICI N 801 DEL 1977 - UTILIZZABILITÀ - ESCLUSIONE - FONDAMENTO

In tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire se un'abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l'acquisto della prima casa ai sensi della tariffa I, art. 1, nota II bis, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sua superficie utile - complessivamente superiore a mq. 240 - va calcolata alla stregua del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, che va determinata in quella che - dall'estensione globale riportata nell'atto di acquisto sottoposto all'imposta - residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui al d.m. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801, richiamato dall'art. 51 della legge 2 febbraio 1985, n. 47, le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un'interpretazione che ne ampli la sfera applicativa. Massima tratta dal CED della Cassazione.


Sentenze in tema

Altre sentenze aventi potenziale rilevanza sul tema.

In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'art. 1 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in nessun modo ricollega il presupposto dell'imposta all'idoneita' del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo rilievo il valore dell'immobile, ai sensi del successivo art. 5, ai soli fini della determinazione della base imponibile - e quindi della concreta misura dell'imposta -, con la conseguenza che deve escludersi che un'area edificabile soggetta ad un vincolo urbanistico che la destini all'espropriazione (nella fattispecie, per la realizzazione di un'area industriale) sia per cio' esente dall'imposta. Tale conclusione riceve conferma dalla disciplina dettata dall'art. 16, comma secondo, del citato D.Lgs. n. 504 del 1992 - abrogato a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi degli artt. 58, comma primo, n. 134, e 59 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, modificati dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 - e dall'art. 37, comma ottavo, del menzionato d.P.R. n. 327 del 2001, i quali mirano a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso in cui l'imposta versata nei cinque anni precedenti all'espropriazione, conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe risultata se fosse stata calcolata sull'indennita' di espropriazione effettivamente corrisposta (ne' tale disciplina, nella parte in cui non si applica al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data dell'espropriazione, pone dubbi di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 Cost.). *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di regime fiscale degli edifici riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi dell'art. 3 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, la particolare disciplina per la determinazione del reddito prevista dall'art. 11 della legge 39 dicembre 1991, n. 413, ancorche' gli immobili siano concessi in locazione, trova applicazione solo nell'ambito della materia per la quale e' stata dettata, e cioe' per le imposte sui redditi, considerato anche la sua natura derogatoria rispetto al principio generale, stabilito dall'art. 53 Cost., di assoggettamento ai tributi delle manifestazioni della capacita' contributiva. Essa non puo' pertanto applicarsi ai fini della determinazione dell'imposta di registro in occasione del trasferimento di tali beni, della cui assoluta peculiarita' il legislatore ha comunque tenuto conto, alla luce dell'art. 9 Cost., prevedendo all'art. 1, comma terzo, della tariffa, parte prima, del d.P.R. 24 aprile 1986, n. 131, un'aliquota agevolata (e prevedendo analogo beneficio per il venditore di tali immobili ai fini dell'INVIM all'art. 25, quarto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643). *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di agevolazioni tributarie, ai fini dell'esenzione dall'imposta di consumo sui materiali da costruzione delle abitazioni economiche e popolari, prevista dall'art. 45 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124 (convertito nella legge 13 maggio 1965, n. 431) ed estesa - fra l'altro - ai pensionati dall'art. 3 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (convertito nella legge 7 febbraio 1968, n. 26), occorre fare riferimento, per l'individuazione dei fabbricati esentati, oltre che all'art. 49 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165 (testo unico sull'edilizia popolare ed economica), anche all'art. 38 del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138 (regolamento per la riscossione delle imposte di consumo), il quale, agli effetti dell'aliquota applicabile, equipara le case economiche a quelle non prive di agi e distinzioni, dovendosi tener conto, nell'interpretazione delle norme suddette, del progresso della tecnica edilizia e delle mutate condizioni economico-sociali, le quali hanno ampliato lo stesso concetto di utilita' e di normale necessita' riferito agli alloggi di carattere economico-popolare, sempre che i miglioramenti non comportino l'inclusione di detti alloggi nella categoria delle case di lusso (nella fattispecie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, rilevando che la corte d'appello, nella sentenza impugnata, aveva ritenuto, sulla base di un discrezionale apprezzamento di fatto, sorretto da adeguata ed esauriente motivazione, che le caratteristiche costruttive dell'immobile fossero complessivamente tali - per cubatura, superficie dei vani e spazi destinati a servizi non essenziali, e senza attribuire rilievo ad opere di finitura e a forniture accessorie - da ricondurre lo stesso alla categoria delle abitazioni di lusso, o comunque fuori dai parametri dell'edilizia economica e popolare). VEDI 198406179 437817 VEDI 199009437 469272 *Massima tratta dal CED della Cassazione.

In tema di reddito dei fabbricati, la rendita catastale di un'autorimessa va determinata tenendo conto soltanto della parte della superficie di essa effettivamente utilizzabile con funzione di ricovero di autovetture (con esclusione, pertanto, degli spazi di accesso e manovra), atteso che l'art. 49 del d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, nello stabilire che la consistenza delle unita' immobiliari aventi - fra l'altro - la detta destinazione ad autorimessa "si computa sommando le superfici libere dei locali facenti parte dell'unita' immobiliare", va interpretato in coordinamento con l'art. 5 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 (convertito nella legge 11 agosto 1939, n. 1249), secondo il quale la valenza catastale di un immobile urbano consiste nella sua utilita' a produrre un reddito proprio. Massima tratta dal CED della Cassazione.

Nella determinazione della base imponibile delle imposte ipotecaria e catastale, l'attribuzione, prescritta dagli artt. 2 e 10 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, dello stesso valore assegnato ai fini dell'imposta di registro va intesa senza prescindere dalla diversita' di oggetto propria di ogni singola imposta, con la conseguenza che, essendo dovute le imposte ipotecarie e catastali, a differenza dell'imposta di registro, in ordine a formalita' che riguardano i singoli beni immobili, la base imponibile nel caso di conferimenti immobiliari in societa' va determinata tenendo conto del valore degli immobili in se' considerati, restando preclusa la detrazione dal valore degli immobili degli oneri e delle passivita', come il mutuo garantito da ipoteca gravante sull'immobile conferito, accollato alla conferitaria, senza che possa pertanto trovare applicazione lo specifico criterio indicato, per l'imposta di registro, dall'art. 50, terzo comma, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Massima tratta dal CED della Cassazione.

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